Giorni 9, 10 e 11: Guajira
Questo post riassume i 3 giorni passati nel deserto della Guajira all'estremo nord est della Colombia al confine con il Venezuela, terra fieramente della popolazione indigena Wayuu.
Dire che è una zona inospitale e impervia è dir poco: distese infinite di terra arida arsa dal sole e dal vento, uniche piante cactus e qualche arbusto, tanti tantissimi rami secchi, capre, sassi, buche, sabbia, colore dominante il giallo ocra, qualche tettoia qua e la e... i pedaggi...
Ma andiamo con ordine: partiamo da Riohacha con una jeep guidata da Jeffrey
e altre 4 persone, una coppia angolo colombiana e due ragazze di Bogotà,
Compagnia piacevole, particolare fondamenrale perché sono 3 giorni a stretto strettissimo contatto.
Jeffrey è allegro, molto gentile, la ragazza inglese Isa fortissima, l'entusiasmo fatto persona, super sorridente sempre allegra, il suo compagno, un ragazzo colombiano molto carino, capelli afro bellissimo viso, inizialmente sta un po' sulle sue forse per bilanciare lesuberanza di lei, poi nel corso del viaggio si scioglie.
Le due ragazze colombiane sono 2 amiche, infermiere a Bogotà, la conversazione non è facilissima ma ci si prova.
Prima tappa, rifornimento di acqua e cibo, serve per distribuirli durante il viaggio. Inizialmente non capiamo e compriamo poche cose, poi vediamo che J. acquista un pacco contenente almeno 50 pacchi di riso, un altro contenente 100 sacchetti di acqua (dice potabile, per me impossibile da bere dato il gusto di metallo), quindi ci adeguiamo, compriamo riso, biscotti, farina, altra acqua.
Le scorte sono notevoli e occupano parecchio posto nella Jeep per cui siamo ancora più intimi 😂
Prima tappa: salina (acqua di mare) dove abbiamo un primo assaggio della temperatura e del vento.
Si riparte alla volta di Cabo de la vela dove mangiamo e poi a notte fonda torneremo a dormire.
Nel pomeriggio visitiamo alcune zone sulla costa battute da un vento pazzesco e la possibilità di salire in cima ad un promontorio per godere della vista (noi abbiamo passato).
A seguire andiamo in una spiaggia un po' più riparata a fare il bagno in compagnia (zoomare la foto se si può)
L'importante era non essere scambiati per pesci 😜.. per facilitare la comprensione ecco un ingrandimento dei nostri compagni di puccia che si preparano per cenare
Dopo quests avventura, siamo andati a vedere il tramonto al farò ma non era granché perché all'orizzonte c'erano le nuvole, quindi niente foto.
Stremati dalla giornata (viaggio in 6 + derrate, caldo, vento, sabbia, pellicani) pensavamo di andare in hotel fare una doccia e stramazzare sul letto...
È invece ci attende la serata Wayuu, poteva essere un pacco galattico, ma è stata molto interessante e piacevole.
Premessa la. Civiltà Wayuu è una società matriarcale, ci ha accolto quando ormai era buio pesto, una donna dall'aspetto e i modi molto gradevoli, ci ha raccontato qualcosa delle loro tradizioni, ha tentato di fsrci imparare qualche parola nella lingua Wayuu (difficilissima), ci ha vestiti con gli abiti tradizionali l, pitturato il viso con colori sldella terra, ci hanno offerto la cena che abbiamo mangiato (con le mani) attorno al fuoco e poi imparato (beh insomma) i balli tipici.
L'entusiasmo di Isi è stato contagioso, abbiamo riso e scherzato e ci siamo divertiti nonostante la stanchezza.
Una foto ricordo mostra cosa il vento e la salsedine hanno prodotto sulla mia testa.
Finalmente ci siamo guadagnati il letto in questo albergo.
Giorno 2 in Guajira
Visita al sito di energia eolica, niente da rilevare tranne che tutta l'energia generata (e di vento ce n'è tanto!) viene venduta e nulla resta qui dove servirebbe.
A questo punto i ricordi si fanno un po' confusi perché abbiamo viaggiato per ore nel deserto,
abbiamo visto una laguna con i fenicotteri
e ad un certo punto siamo arrivati alle dune di Taroha, un tratto di costa con dune altissime di sabbia che finiscono direttamente in mare su cui si scivola con una tavola da snowboard (!) niente foto solo video che qui non si possono caricare
Ripartiamo alla volta di Punta Gallinas il punto più a nord di tutto il Sud America immancabilmente battuto dal vento
È finalmente ora di tornare al luogo dove dormiremo, un ostello minimale
dove però abbiamo potuto vedere il plancton fosforescente, sono organismi microcellulari che si illuminano quando l'acqua in cui si trovano viene agitata, un'esperienza bellissima di cui, ovviamente non ci sono foto, volendo si trovano dei video su youtube.
Questa la baia in cui si trova il plancton vista mattina dopo
Ripartiamo la mattina del 3 giorno per il lunghissimo viaggio che ci porterà prima a Riohacha e poi a Santa Marta.
Prima di finire il racconto di questi 3 giorni spendo qualche parola e poche immagini sull'argomento pedaggi.
Che la Guajira sia terra a dir poco desolata ho già scritto, che sia la terra dei Wayuu anche, si capisce quindi che per sopravvivere gli indios si ingegnino, ecco cosa hanno escogitsto: quando il terreno super accidentato lo permette, creano dei posti di blocco/pedaggi tendendo un fil, una serie di catene da biciclette attaccate le une con le altre, corde, anche solo rami o qualunque oggetto permetta di sbarrare la strada alle Jeep con i turisti.
In genere sono bambini quelli che manutengono e operano il casello, spesso lavorano in coppie o terzetti. Bambini e bambine piccoli (a volte molto piccoli), medi, grandi perodo di dire, bellissimi, grandi occhi neri un po' a mandorla, la pelle di un colore stupendo, ma arsa dal sole e dal vento come la loro terra, occhi che si illuminano appena vedono che l'auto rallenta.
Per venire in Guajira si deve chiedere un permesso, gli autisti sono sempre gli stessi, si conoscono tutti e, secondo me, ormai conoscono anche i "casellanti".
Jeffrey vede il pedaggio da lontano, studia chi sia il casellanfe e senza ridurre la velocità afferra un pacco di riso e/o un paio di pacchi di biscotti, suona il clacson e mette fuori il braccio in alto con il pedaggio bene in vista o lo passa al passeggero istruendolo adeguatamente, arrivato vicino al blocco rallenta, allunga il pacco o il alcuni casi lo lascia cadere a terra e riparte, alle donne o si vecchi riso e acqua, ai bambini biscotti, tutti prendono, nessuno ringrazia, ma i bambini si illuminano in un sorriso che dice tutto.
Avanti così, il secondo e il terzo giorno sono un susseguirsi di distribuzione di viveri e acqua.
Se le prime volte viene da sorridere, dopo un po' è molto triste, vedere bambini che chiedono acqua dopo aver ricevuto i biscotti o anche prima è terribile, ci si chiede se sia giusto, o meglio, cos'altro si dovrebbe fare per queste popolazioni.
Di foto non ce ne sono altre ma il ricordo sarà indelebile.
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